Il racconto di un semplice trekking sulle Dolomiti patrimonio Unesco, nelle zone ricche di storia della Val Fiorentina, del maestoso Monte Pelmo e del gruppo del Civetta
Oggi vi parliamo, grazie alla collaborazione dei nostri amici Franco e Annalisa, della Val Fiorentina e di un bellissimo archeo trekking nel Cadore, cuore delle Dolomiti patrimonio dell’Unesco.
La Val Fiorentina è una fetta incontaminata delle Dolomiti sovrastata dalla mole del Monte Pelmo e contornata dal Monte Civetta. Siamo in prossimità della più famosa località sciistica di Zoldo per intenderci.
Lunga poco più di dieci chilometri è compresa in soli due comuni, il suo territorio parte dal territorio di Agordo per salire poi al Passo Staulanza e al “caregòn de ‘l Padreterno” (la sedia di Dio): il Monte Pelmo.
Il Monte Pelmo è un magnifico grido di pietra la cui cima tocca i 3.168 metri.
Un sentiero permette di farne il giro completo, lambendo le sue pareti di roccia e le colate sabbiose. Si vanta di essere la prima cima dolomitica ad esser stata scalata nel 1857, dall’irlandese John Ball, mentre un altro record è dato dal rifugio Venezia – Alba Maria de Luca, primo rifugio italiano delle Dolomiti risalente al 1892.
Volete altro?
Ok eccovi accontentati: avete presente il famoso Ötzi, l’uomo di Similaun? Vissuto 5000 anni fa, oggi riposa in un museo di Bolzano dopo aver svelato molti segreti della sua vita preistorica.
Ebbene, a torto, non tutti conoscono Valmo che di anni ne ha 8000 e che ha contribuito allo stesso modo a illuminare gli studiosi sulla vita di un tempo. Il ritrovamento della sepoltura, sul piano di Mondeval a quota 2000 metri, ha rappresentato una sorpresa poiché le caratteristiche del terreno alpino ben di rado permettono ritrovamenti articolati. In questo caso, invece, è stato ritrovato lo scheletro intero, oltre i suoi attrezzi di selce e, soprattutto, resti di cibo che han permesso di ricostruire la dieta del tempo, permettendo di capire che già in un tempo così lontano i nostri antenati (ancora cacciatori ma che già cominciavano l’allevamento) avevano capito l’importanza dell’alpeggio estivo di quota.
Il Museo Vittorino Cazzetta a Selva di Cadore permette di osservare nel dettaglio i ritrovamenti, andando anche alla scoperta della geologia e della storia del tempo fossilizzata anche in orme di dinosauro che si trovano a poca distanza dal Passo Staulanza.
E dopo la visita al museo, scarponi ai piedi, si mette in pratica quanto appreso andando direttamente sui siti dei ritrovamenti in uno splendido cammino di grande soddisfazione che offre un paesaggio mozzafiato e coinvolgente.
1. Il ricovero di Mondeval
Dislivello: 650 metri solo andata
Sviluppo: 8 km solo andata
Tempo di percorrenza: 2 ore solo andata
L’escursione porta al sito reale del ritrovamento archeologico della Piana di Mondeval.
Da Selva di Cadore si sale in direzione del Passo Staulanza. Quando si comincia a salire, al terzo tornante, si trova sulla sinistra il parcheggio (1663 m). Da qui si imbocca la comoda sterrata che porta, senza fatica, alla Malga Fiorentina e poi al rifugio Città di Fiume (1917 m).
Si prosegue lungo la recente sterrata che aggira Col de La Puina per poi diventare sentiero (anche se purtroppo la sterrata è destinata in futuro a proseguire…) arrivando poi alla verde Forcella de la Puina (2034 m).
Dopo una discesa all’ombra del bosco alla Forcella Roan (1999 m), attraverso dei bei pascoli, il sentiero porta ad una zona di massi erratici e alla Malga Prendera (2148 m).
Con una ripida salita si arriva , in ambiente ormai prettamente dolomitico, alla Forcella Ambrizzola (2277 m) da cui si apre la vista su Croda da Lago, Cortina d’Ampezzo e le sue montagne, dall’Antelao fino al Cristallo.
Da qui si volgono le spalle a questo panorama per scendere verso il verdeggiante altopiano di Mondeval.
Il sentiero ben tracciato punta in direzione del Passo Giau.
A un certo punto un cartello indica la deviazione verso sinistra, lungo il piccolo sentiero che porta al grande masso erratico che per millenni ha rappresentato la base per i ricoveri di cacciatori e pastori, tra cui il nostro antico amico Valmo.
Siamo a quota 2165 metri.
Dopo una bella sosta si riprende la strada del ritorno con una grande ammirazione per la capacità di adattamento di questo nostro progenitore capace di sopravvivere a quote così elevate.
Ve lo immaginate camminarvi accanto, da buon amico, con la sua lancia di osso e i suoi curiosi racconti sulla vita in epoca passata?
Nobiltà di colui che non deduce dai lampi la vanità delle cose. Matsuo Basho (1644 – 1694)
(Testo e foto di Franco Voglino e Annalisa Porporato – Maggiori informazioni sul sito www.valfiorentina.it)
Storie di ribelli, partigiani, irriducibili, briganti.
Cose d’altri tempi che evocano curiosità, mistero, onore. E proprio partendo dalle gesta di ribellione della Banda di Cartore, tra Abruzzo e Lazio, a Luca Gianotti è venuta proprio una bella idea.
Grazie poi all’aiuto prezioso di Alberto Liberati e Fabiana Mapelli, e di molti preziosi volontari coinvolti nel progetto, nasce così il Cammino dei Briganti, un bel percorso di 100 km. tra paesi medioevali e natura selvaggia e incontaminata che si snoda su un dislivello positivo di circa 2700 m. partendo da Tagliacozzo (AQ), semplicemente uno dei borghi più belli d’Italia,
…dove sanz’arme vinse il vecchio Alardo
(Dante)
Un percorso che solca le vecchie linee di confine tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie, sulle orme dei fuorilegge che vivevano e operavano in queste terre tra la Marsica e il Cicolano. Terre battute dagli spiriti liberi e indomiti dei briganti ribelli verso l’invasione dei Sabaudi, che con azioni anche sanguinarie combattevano questa guerriglia contro la tassazione e l’obbligo del servizio di leva militare ai danni dei piccoli lavoratori della terra. Sarà per voi quindi un modo quindi assolutamente nuovo e inusuale anche per immergersi negli anni dell’unificazione dell’Italia battendo gli stessi percorsi di chi entrava in clandestinità per ribellarsi all’invasore.
Partendo quindi da Tagliacozzo si raggiungono bellissimi paesi popolati ormai da poche anime, ma tutte pronte ad accogliere i viandanti con un calore sincero, puro e profondo che vi porterà a riscoprire i veri valori della condivisione e della conoscenza che troppe volte vengono offuscati dalla vita frenetica dei giorni nostri.
L’itinerario è sempre ben segnalato con indicatori colorati (bianchi e rossi e qualche volta arancioni), il tempo di percorrenza consigliato è di ca. 7 giorni, un elogio al camminare lento e un invito a una bella chiacchierata con qualche perfetto sconosciuto che può sempre rivelarsi come fonte di incredibile ricchezza. Essendo a quote medie, non è richiesta una particolare preparazione, ma solo una normale attitudine al cammino e un po’ di voglia di avventura. Potrete percorrere il cammino durante tutto l’anno, anche se ovviamente è consigliato il periodo delle belle stagioni.
E dove dormire?
Essendo un viaggio avventuroso, l’invito è quello di provarlo ad affrontarlo con una bella tenda al seguito. Ma per coloro che preferiscono sempre riposare in un bel letto comodo, è nata, grazie alla bravura e alla motivazione di ragazzi volontari, una bella guida a supporto e un sito molto interessante che vi segnala anche le strutture a supporto dei viaggiatori: https://camminobriganti.wordpress.com
Da questo sito potrete quindi trovare i nomi e i recapiti delle strutture che potrete raggiungere alla fine di ogni tappa, dove sarete graditi ospiti e vi sarà riservata un’accoglienza assolutamente speciale. Potrete consultare questo sito anche per visionare delle belle foto caricate, guardare le mappe e scaricare la tracce GPS di ogni tappa.
Non vi resta quindi che preparare lo zaino e mettervi in viaggio, l’Abruzzo e il Lazio vi aspettano con i loro piccoli borghi unici al mondo.
Una bellissima “due giorni” in tenda sulle bellissime montagne del gruppo del Lagorai
Succede che così, all’improvviso, ti si liberano due giorni.
Proprio buttati là, una tabula rasa da riempire. Per molti non una gran bella notizia, senza preavviso che si fa? Shopping al centro commerciale? Ci mettiamo finalmente a tinteggiare? O due giorni nullafacenti in spiaggia? Boh…
Ma poi succede a noi, tutt’altro che avari di idee, e così attrezziamo in fretta due zaini da montagna, raccogliamo appunti e riordiniamo le idee, e in men che non si dica ci ritroviamo con l’auto che sfreccia in direzione Valsugana, per poi puntare verso Pieve Tesino. Obiettivo: due giorni sul Lagorai.
Per chi non la conoscesse, la catena del Lagorai è un gruppo montuoso che si trova nel Trentino orientale, delimitata dal Monte Calisio e il Passo Rolle. Costituite da rocce di porfido e granito, e con una scarsa presenza di strutture per l’ospitalità organizzata, vi verrà da chiederci per quale assurdo motivo ci stavamo andando e per fare che. Beh sappiate che il Lagorai è una catena tra le più generose dal punto di vista di corsi d’acqua e laghi, ha una memoria storica di spessore (qui la prima guerra mondiale è stata molto cruenta) e flora e fauna sono molto ricche di specie. Ma quello che interessava noi era l’ampia zona in prossimità del rifugio Caldenave.
Andiamo con ordine.
Al mattino presto raggiungiamo il rifugio Malga Sorgazza, punto di partenza della nostra mini avventura.
Colazione qui con due tazze di the e due fette di dolci fatti in casa (deliziose!) e informiamo il gestore del nostro programma.
Due brevi parole su questo argomento: avvisate sempre il gestore di un rifugio, di una malga o un ristorante in prossimità del vostro punto di partenza delle vostre intenzioni. Se si tratta di un trekking di più giorni avvisate che lasciate li l’auto, come siete attrezzati e chiedete informazioni sullo stato dei sentieri che andrete ad affrontare. Ascoltate i consigli. Spesso le richieste di aiuto al soccorso alpino giungono da escursionisti impreparati che sottovalutano la montagna, non ha senso rovinare tutto quando con una bella chiacchierata si possono evitare dei brutti imprevisti.
Ma torniamo a noi.
Foto di rito alla partenza, controlliamo il cielo (splendido!) e le cime che ci attendono, e in men che non si dica siamo già in marcia.
Il sentiero sale subito deciso nel bosco e, complice anche un bel sole intenso che scalda l’aria, ci spacca subito il fiato, anche se le zone d’ombra che si creano grazie alla ricca vegetazione ci permettono dei piacevolissimi brevi break, anche all’insegna di commenti taglienti…
Già stanco? Che scarso, hai proprio bisogno di un po’ di allenamento…
Ecco ha parlato quella con lo zaino vuoto…
Grazie anche a qualche snack rigenerante raggiungiamo il lago artificiale Costa Brunella, e dopo qualche altro metro di dislivello positivo, a pochi passi dal Forzelon di Rava, raggiungiamo i primi veri punti panoramici in cui ci fermiamo e, presi da una incredibile illuminazione poetica e artistica (macché, eravamo stanchi morti…) , iniziamo a scattare qualche bella foto.
Rimettiamo gli zaini in spalla e seguiamo il sentiero 332 bis per arrivare fino a forcella Ravetta, circondati da un panorama che si estende all’infinito. Questa forse è una delle zone più belle che abbiamo avuto la fortuna di vedere in questa 2-day experience: natura incontaminata, aria frizzante e purissima, vette maestose che ti salutano da lontano.
Una meraviglia.
Leggermente in ritardo sulla tabella di marcia iniziamo la picchiata verso il Caldenave. Se sapete cosa vi attende li sotto qui la stanchezza non si sente più e le gambe girano veloce.
Un buon Teroldego delle Dolomiti non si rifiuta mai…
Arriviamo così velocemente al rifugio e ci dedichiamo una piacevolissima mangiata a base di pane, speck e sottaceti, un quartino di buon Teroldego.
Recuperiamo un po’ le forze, parliamo con altri ragazzi di passaggio (c’è chi prende il sole, chi è molto lontano dal suo obiettivo di giornata, chi non sa dove passare la notte, chi ha già tutto pronto in rifugio e si sta godendo il sole del pomeriggio…), scattiamo qualche foto, e poi…
… e poi giungiamo alla vera “chicca”.
Dovete sapere che di fronte al rifugio Caldenave c’è una torbiera e siamo a 1800 metri d’altezza. Come descrivere questo posto?
Un luogo ameno, a noi è venuto in mente un tipico giardino zen, quindi una bellissima distesa d’erba di colore verde smeraldo tagliato dallo scorrere lento di un ruscello d’acqua purissima.
Le immagini non rendono pienamente ciò che avevamo davanti, ci stavamo ubriacando di benessere.
Proprio qui, in posizione leggermente rialzata e in una zona più asciutta, montiamo la nostra fidata tenda che ci darà riparo per la notte. Passiamo la serata in compagnia di un piccolo fuoco che ci permette anche di cucinare ciò che ci eravamo portati da casa (un risotto express in busta con l’aggiunta, come un vero chef di montagna, di tre buonissime salsicce) e con una semplicissima cassa audio bluetooth riusciamo ad avere anche un bel sound in sottofondo. Pace assoluta.
Lasciamo scarponi e magliette sudate stese all’aria aperta (che di notte si rigenereranno), dedichiamo gli ultimi minuti a occhi aperti dentro la tenda per scrivere alcuni appunti e riconsultare la Tabacco, poi crolliamo in un bellissimo sonno intenso.
Fuori la temperatura si avvicina agli 8-9 gradi. Nessun rumore. Buio puro.
… Imprevisto! Ore 2:55, un lampo illumina il cielo, le pietre granitiche si risvegliano e fanno eco al rombo del tuono tra le pareti maestose del Lagorai, un temporale di montagna si sta avvicinando! Usciamo di fretta dalla tenda, una piccola lampada frontale ci illumina qualche metro davanti a noi, il minimo essenziale per riuscire a mettere al riparo dall’acqua le nostre cose. Rientriamo in tenda giusto in tempo, inizia la pioggia, le gocce sbattono sulle pareti del nostro semplice rifugio e suonano forte, iniziano a mostrare la loro forza, la loro intensità. Il cielo sopra di noi si illumina come una luce al neon impazzita che aumenta la frequenza delle pulsazioni, i battiti diventano più intensi. Ma la natura ci stava solo solleticando i sensi, il temporale passò in fretta, silenzio e buio ripiombarono in pochi minuti. Spazio nuovamente ai sogni.
Sveglia biologica attiva: alle 6:00 siamo svegli, la luce naturale è già accesa da un quarto d’ora almeno, usciamo dalla tenda muniti di pile e giacca visto che qui la temperatura si aggira intorno ai 6-7 gradi anche se siamo in piena estate.
Tutto è tranquillo, i colori intorno a noi sono puri, l’aria è limpida e frizzante. Facciamo una colazione rivivendo le emozioni della notte sotto al temporale e ricordando la giornata precedente, senza TV quassù si chiacchiera e si sta veramente bene. Incrociamo i primi viandanti mattinieri che escono dal rifugio e si mettono in marcia di primo mattino, auguriamo loro una buona giornata. Che bello ragazzi!
Ora tocca a noi però. Smontiamo la tenda e poniamo tutto nello zaino, riordiniamo la zona dove ci eravamo sistemati per la notte proprio come se stessimo sistemando casa nostra, con la stessa cura e con quel bel senso di responsabilità di voler idealmente condividere con il prossimo lo stesso letto. Ci rimettiamo in marcia.
Dopo un po’ di cammino vediamo il cielo che inizia ad annuvolarsi nuovamente. Ma non è minaccioso, è clemente, ci concede una temperatura fresca, perfetta per un trekking estivo in quota.
Questa velatura ci accompagna fino alla forcella delle Buse Todesche a circa 2300 metri di altezza. Qui siamo nella pancia della grande guerra, tant’è che inaspettatamente vediamo trincee e cimeli dell’epoca. Osservarli fa riflettere, da un periodo passato di grandi errori e crudeltà il genere umano sta cercando di perdonare se stesso valorizzando queste terre e creando dei sentieri ben tenuti che richiamano camminatori di ogni nazionalità, senza distinzioni, in pace.
Ci dedichiamo a scattare qualche foto in silenzio, è veramente toccante.
Una volta rimessi in marcia il più è fatto, il sentiero 360 ben presto inizia a scendere, corre lungo un possente torrente, e dopo essere passati in un piacevolissimo sottobosco ci immettiamo nella strada sterrata che ci riaccompagna verso il punto di partenza. La fatica lascia spazio alla soddisfazione.
Giunti alla macchina ci togliamo gli indumenti da semplici viandanti di montagna, riguardiamo le montagne intorno a noi anche con un pizzico di nostalgia, ma con immensa gratitudine.
Senza dubbio, ci rivedremo presto.
Vi lasciamo con un elenco di siti per poter trarre massima ispirazione come noi da questi luoghi stupendi e incontaminati:
http://www.altaviadelgranito.com/ – Il sito ufficiale del giro ad anello di tre giorni, che nella nostra personalissima variante abbiamo accorciato per esigenze di tempo
http://www.trentinograndeguerra.it/ – Un portale molto ben curato e ricco di spunti e informazioni che narra la storia del primo conflitto mondiale sulle montagne di questa regione
In Val di Zoldo, al cospetto delle Dolomiti Bellunesi, si snoda uno spettacolare trekking di sette giorni che tocca tutti i principali massicci tra ardite forcelle e placide valli verdi.
La Val di Zoldo, zona dolomitica poco nota ma proprio per questo meta perfetta per chi ama località tranquille e distanti dalla mondanità chiassosa e frenetica, nonostante si trovi a poca distanza da Cortina d’Ampezzo. Una vallata da scoprire a passo lento così da riscoprire i “veri” tempi della montagna che si pensava andati persi.
E quale migliore location per questa riscoperta che un territorio che si trova nel pieno cuore delle Dolomiti?
Nel giugno 2009 queste fantastiche montagne sono state iscritte dalla convenzione Unesco nella lista del Patrimonio Mondiale. Tutti le conoscono, ma forse non tutti sanno che la maggior parte dell’area dolomitica ricade nel territorio del Veneto, in particolare nella provincia di Belluno.
Ai piedi di queste regine, regno di aquile e scalatori, esiste un mondo incredibile di pascoli e boschi che le abbraccia, zone facilmente raggiungibili grazie a semplici ed impegnativi sentieri che offrono un panorama unico sulle vette chiare e spettacolari. Stupende soprattutto alle prime luci dell’alba o al tramonto, quando dal grigio chiaro le rocce passano ad incredibili tonalità di rossi accesi.
Imponenti massicci circondano la Val di Zoldo da ogni lato, percorrendola si ha alle spalle il gruppo del Bosconero (2468 m), a sinistra il gruppo dello Spiz di Mezzodì (2305 m), sempre a sinistra ma più frontale il gruppo che comprende Tamer (2547 m) e San Sebastiano (2488 m), mentre di fronte si erge maestoso il maestoso gruppo della Moiazza (2878 m) e della Civetta (3220 m). Isolato, a destra, si eleva invece impassibile il maestoso “caregòn de ‘l Padreterno” (il trono di Dio): il Pelmo, imponente torrione roccioso alto 3168 metri che può vantare ben due record: è la prima cima dolomitica ad essere stata scalata (1857, dall’irlandese John Ball), e sulle sue pendici sorge il primo rifugio italiano delle Dolomiti (il rifugio Venezia-Alba Maria de Luca, eretto nel 1892).
La vallata è facilmente raggiungibile, si pensi che in appena 25 chilometri dalla fine dell’autostrada ci si trova ai piedi delle pareti impressionanti della Civetta, o del grandioso Monte Pelmo, ed è perfetta per qualsiasi stagione.
Il camminare accompagna il pensiero e ben lo sapevano gli antichi, dai filosofi greci ai poeti giapponesi, che composero le loro migliori opere proprio passeggiando.
Percorrere un trekking di più giorni sulle montagne italiane può diventare una scusa per permettere alla propria mente di vagare in libertà, assaporando i tempi lenti e costanti dell’andare a piedi.
La via che sale e la via che scende
sono la medesima cosa (Eraclito)
La Val di Zoldo ben si presta a queste meditazioni. Aspra e selvaggia, si trova lontana dagli affollati sentieri più conosciuti delle Dolomiti e proprio per questo offre ampi spazi naturali dove sentirsi tutt’uno soprattutto con sé stessi.
Il Trekking dei Poeti Viandanti si snoda lungo le basi di tutti questi gruppi montuosi, effettuando un giro circolare della durata media di sette giorni seguendo spesso il tracciato dell’Anello Zoldano http://www.anellozoldano.com.
È consigliato ad escursionisti esperti poiché presenta alcuni passaggi molto tecnici, ripidi ed esposti, soprattutto nell’ottica di portare sulle spalle uno zaino plurigiornaliero.
Prende il via da Forno di Zoldo per salire lungo le pendici del gruppo dello Spiz di Mezzodì fino a raggiungere il rifugio Sora’l Sass-Giovanni Angelini (1.588 m.).
Prosegue quindi scendendo per la bucolica Val Prampèr per risalire al Col de Michìel, aggirando così le pendici del gruppo del San Sebastiano, tocca il panoramico bivacco V. Angelini (1680 m.) per raggiungere il Passo Duran con i rifugi “San Sebastiano” e “C. Tomè” (1605 m.).
Una piccola digressione porta al superbo rifugio “Bruto Carestiato”, alla base degli impressionanti bastioni meridionali della cresta delle Masenade, nel gruppo della Moiazza.
Dal Passo Duràn si prosegue alla base del gruppo Moiazza-Civetta. Gli esperti potranno seguire il tracciato del “Sentiero Angelini”, ma più semplice e di grande pregio paesaggistico è l’itinerario basso che percorre la Val de la Grava per scendere comodamente a Forno Alto, il centro abitato più grande della vallata. Da qui si risale attraverso boschi, pianori e sassi al rifugio A. Sonino al Coldai (2.132 m.), ai piedi della Civetta.
Comincia il tratto più bucolico e rilassante dell’intero trekking, scendendo attraverso pascoli e alpeggi al Passo Staulanza per poi percorrere la base meridionale del Monte Pelmo, passando davanti alle impronte dei dinosauri e arrivare al suo piede orientale, dove sorge il rifugio Venezia-De Luca (1.946 m.).
La tappa seguente porta inizialmente verso il rifugio Talamini (1.582 m.) per poi risalire verso lo spettacolare Monte Rite (2.183 m.) che ospita il Rifugio Dolomites ed il Messner Mountain Museum Dolomites detto “il museo nelle nuvole” per la straordinaria vista a 360° che si ha dal tetto.
Tutta discesa porta al Passo Cibiana ed al rifugio Remauro (1.530 m.) per poi risalire gradualmente agli Sforniòi. Dalla forcella della Calada una ripidissima e impegnativa discesa porta a scendere nel gruppo del Bosconero per raggiungere con un’ultima salita il rifugio Casèra Bosconero, posto proprio alla base delle imponenti pareti rocciose.
L’ultima tappa, di tutto riposo, porta a scendere nuovamente in vallata, raggiungendo il punto di partenza a Forno di Zoldo. È vero, volendo, è possibile scendere direttamente a Forno di Zoldo, risparmiando un giorno di trekking, ma volete mettere la magia del tramonto sul Civetta, mentre alle spalle del rifugio le pareti del Sasso di Bosconero si colorano di rosso?
Una vera e propria poesia naturale.
Memorie di natura fluttuante:
Il trekking dei poeti viandanti è un progetto in divenire di percorso a lunga percorrenza che prevede il coinvolgimento diretto del trekker (in quanto protagonista di un viaggio fisico ed interiore) con sue testimonianze sotto forma di pensieri, scritti personali, composizioni poetiche ,diari, disegni, bozzetti, dipinti, immagini fotografiche o per sua decisione senza lasciare traccia alcuna di passaggio.
Il percorso viene reso vivo dai pensieri dei viaggiatori che lo percorrono, dando dignità ad ogni esperienza e testimonianza dei molti trekkers che lo vivranno in prima persona e che potrà essere di stimolo per la creatività di altri che vogliano affrontarlo nel futuro.
Queste che seguono sono le nostre brevi sensazioni trascritte “a caldo” su Moleskine durante il percorso. Abbiamo scelto la forma poetica dell’haiku in quanto coglie con immediatezza l’attimo .
Queste le nostre “memorie di natura fluttuante”:
Il vento spettina le cime/ soffiando forte/ profumo di resina.
All’imbrunire i tuoi passi/ posso sentire/ respirare il mondo.
Dalla cima delle montagne / luci soffuse in valle/ nelle case lontane sogni di bimbi.
Nella nebbia / nessun rumore/ solo pioggia.
Il capo chino/ sulla salita erta/ che bella piuma!
Parete liscia/ il larice si erge/ re della valle.
Dentro il bosco/ soffice muschio verde/ ci avvolge .
Smette la pioggia/ le nubi si alzano/ mondo sospeso Passi pesanti/ nel mio ansimare/ un cervo/ silenzioso sguardo.
Prima delle nuvole/ parete di roccia/ che vertigine!
Dall’alto guardo/ lunga discesa erta/ Ancora vivo. Passi liberi/ ombre fluttuanti/ respiro nella foresta immobile.
La montagna si incendia/ tramonto fabbricante di bellezza/ nessuno parla. Nella pioggia/ la cima del monte/ è fredda solitudine.
Nel rifugio/ vento notturno soffia/ crepitio di legna bruciata.
Al di sopra dei larici/ luce istantanea/ turbini di nuvole viola/ spiriti astratti.
Tra le nuvole/ sul ripido sentiero/ solo vento.
Volo concentrico/ veloci nuvole/ fischio di marmotta/ Riso di bimbi.
E’ notte/ nel rifugio bisbigli/ e luce di stelle. La pioggia cade/ sospesi in attesa/ raggio di sole! Pioggia su roccia verticale/ scende con vertigine/ nuvole in valle/ silenzio.
Orme del tempo/ fissate su roccia/ gambe dolenti.
Elfo del bosco/ appare e scompare/ cerva corri veloce!
Nel rifugio/ dal piatto mi osserva / pasta fumante
Pioggia continua/ Ma sollevo lo sguardo/ Guardo le cime
La strada è terminata/ nell’aria memoria e sogno/ domani può aspettare.
Nota: antica arte poetica giapponese, l’haiku è un breve componimento in cui i temi privilegiati sono le stagioni, la natura, le scene di vita quotidiana. Incarnano la transitorietà del “mondo galleggiante”, “fluttuante”, “mutevole” del mondo terreno. Sono formati da tre versi di 5, 7, 5 “suoni” (paragonabili alle nostre sillabe).